“Io sono corso nel pollaio in fondo al giardino e ho preso il primo pollo che ho trovato. Era un pollo normale, rossiccio, abbastanza robusto e tranquillo. L’ho stretto tra le mani mi mi sono diretto verso il ceppo di legno poco lontano, che usavamo per tagliare la testa ai polli come lui. Lui non tentava di fuggire e non aveva l’aria preoccupata, anzi si guardava intorno come se stesse facendo una gita turistica. L’ho preso per il collo posandolo sul ceppo, e quando ho alzato il coltello in aria, per eseguire il mio movimento mortale, il pollo ha cominciato a fare una violenta serie di movimenti vitali, fino a quando è riuscito a liberarsi dalla mia presa dandomi una forte beccata in testa. Ho perso l’equilibrio e sono caduto sul sedere:ero stato sconfitto da un pollo. (…) Arrivato vicino al pollo, mio padre si è inarcato tutto, come una tigre che sta per acchiappare la preda; il pollo se ne stava tranquillo, continuando a scavare la terra per ragioni che sapeva solo lui. A un certo punto, mio padre ha fatto la mossa veloce per prenderlo, ma il pollo ha ripetuto l’azione di prima, e con movimento rapidissimo ha evitato la presa di mio padre e lo ha colpito in faccia, proprio sotto l’occhio. (…) Mio padre mi ha sorriso, dicendo:
-Lasciamolo vivere, questo pollo. Non ammazziamolo mai: che stia qui, in giardino, libero di fare quel che vuole
– Perché liberare quel pollo e non gli altri?
-Solo chi apprezza veramente la vita e la libertà, e combatte fino in fondo, merita di vivere liberi…Anche se è un semplice pollo.
Il concetto di libertà è sacro per i siberiani.” PP 22-23